In 2.17 minuti la Meloni denigra la magistratura e l’avvocatura
Il noto video uscito qualche giorno fa, nel quale la Meloni mostra un “avviso di garanzia” (che in realtà non è, come vedremo) per la vicenda Almasri, contiene un riassunto del repertorio meloniano non di poco conto.
Intanto, giusto per sgomberare il campo da complotti inesistenti di berlusconiana memoria, ecco in sintesi cosa succede se un membro del Governo viene denunciato:
Per le notizie di reato per i reati eventualmente commessi da Ministri, il Procuratore della Repubblica, senza compiere nessun tipo di indagine al Tribunale dei ministri, dà immediata comunicazione ai soggetti interessati, perché questi possano presentare memorie o chiedere di essere ascoltati.
Il Tribunale dei ministri, compiute indagini preliminari e sentito il pubblico ministero, può disporre l’archiviazione oppure la trasmissione degli atti con una relazione motivata al Procuratore della Repubblica, affinché chieda l'autorizzazione a procedere. L'autorizzazione è chiesta alla Camera cui appartengono le persone nei cui confronti si deve procedere.
Ecco perché la comunicazione giunta alla Meloni e agli altri Ministri interessati. Quindi nessuno scandalo ma solamente l’iter previsto da una legge.
Si può disquisire se sia un atto dovuto oppure no, ma siamo su un terreno tecnico-giuridico, comunque fuori da logiche di azioni arbitrarie o eversive da parte della magistratura.
È invece molto più inquietante il contenuto del video.
Nei primi secondi la Presidente del Consiglio fa riferimento al Procuratore della Repubblica di Roma “lo stesso del processo fallimentare a Salvini”. Ebbene, in uno stato civile e democratico non è accettabile che chi rappresenta il potere esecutivo sfotta pubblicamente un rappresentante di quello giudiziario (per inciso, lo sdegno sarebbe stato il medesimo a parti invertite). Ma non solo: la Meloni dimostra ancora una volta di non essere approdata al profilo di statista ma di essere ancora ferma a quello di segretaria di sezione di partito missino, sola contro tutto e tutti. Il processo non è ancora terminato (esiste sempre la possibilità di un ricorso da parte della Procura contro Salvini), quindi il silenzio è d’obbligo, specie se chi parla rappresenta le istituzioni.
Alla conclusione del video afferma di non essere ricattabile e che non si fa intimidire. Se le parole hanno un senso e se il diretto interessato è il magistrato che ha firmato l’atto (spesso si invoca l’esistenza di nemici ma poi non si sa mai chi siano), la Presidente del Consiglio ha appena dichiarato che una parte della magistratura, precisamente il Procuratore capo di Roma, intende ricattarla e intimidirla. Parole che colpiscono il concetto stesso di stato di diritto, utili solamente per guadagnare qualche voto. Se invece i soggetti sono altri, faccia nomi e cognomi.
Ma non solo.
Dichiarare che l’avvocato che ha presentato la denuncia è noto per aver difeso mafiosi, significa ancora una volta dimenticarsi dell'inviolabilità della difesa penale, garantita dalla Costituzione, facendo invece coincidere l’avvocato, l’assistito e il reato contestato.
La Presidente del Consiglio, che forse farebbe bene a studiare la storia dell’Avv. Fulvio Croce, assassinato dalle BR a Torino, si dimentica ancora una volta che quando parla, qualsiasi cosa dica, lo fa da capo dell’esecutivo di uno stato democratico e costituzionale e non, invece, da capo-popolo del direttivo di sezione.