Cara senatora Segre,
vederti sulla poltrona della seconda carica dello Stato, mentre stai presiedendo la prima seduta del Senato della 19a legislatura, mi ha portato alla mente tanti sentimenti, tante emozioni purtroppo in contrasto tra loro.
Su quella poltrona, in questi oltre 70anni di riconquistata democrazia, si sono sedute tante persone: alcune più vicine al mio pensiero, altre più distanti ma tutte - almeno a parole - antifascisti e fedeli a questa Repubblica nata dalla Resistenza. Il tuo sederti su quella poltrona è: da un lato un 𝗿𝗶𝘀𝗮𝗿𝗰𝗶𝗺𝗲𝗻𝘁𝗼 𝗮𝗹𝗹𝗮 𝘃𝗶𝗼𝗹𝗲𝗻𝘇𝗮 𝗱𝗶 𝘂𝗻 𝗱𝗲𝘀𝘁𝗶𝗻𝗼 𝗰𝗵𝗲 𝗹𝗮 𝗱𝗶𝘁𝘁𝗮𝘁𝘂𝗿𝗮 𝘁𝗶 𝗮𝘃𝗲𝘃𝗮 𝗿𝗶𝘀𝗲𝗿𝘃𝗮𝘁𝗼 e dall’altro - come hai ricordato nel tuo discorso d’apertura - 𝗹𝗮 𝗳𝗿𝗲𝘀𝗰𝗵𝗲𝘇𝘇𝗮 𝗲 𝗹𝗮 𝗮𝘁𝘁𝘂𝗮𝗹𝗶𝘁𝗮̀ 𝗱𝗲𝗹𝗹𝗮 𝗻𝗼𝘀𝘁𝗿𝗮 𝗖𝗮𝗿𝘁𝗮 𝗖𝗼𝘀𝘁𝗶𝘁𝘂𝘇𝗶𝗼𝗻𝗮𝗹𝗲 𝗻𝗮𝘁𝗮 𝗱𝗮𝗹𝗹𝗮 𝗹𝗼𝘁𝘁𝗮 𝗱𝗶 𝘂𝗻 𝗶𝗻𝘁𝗲𝗿𝗼 𝗽𝗼𝗽𝗼𝗹𝗼 𝗲 𝗱𝗮𝗹 𝘀𝗮𝗰𝗿𝗶𝗳𝗶𝗰𝗶𝗼 𝗱𝗶 𝗼𝗹𝘁𝗿𝗲 𝟭𝟬𝟬𝗺𝗶𝗹𝗮 𝗺𝗼𝗿𝘁𝗶.
Che emozione mi hai dato quando hai ricordato 𝗣𝗶𝗲𝗿𝗼 𝗖𝗮𝗹𝗮𝗺𝗮𝗻𝗱𝗿𝗲𝗶 e, ancora di più, quando hai richiamato con forza il “𝗣𝗿𝗶𝗻𝗰𝗶𝗽𝗶𝗼 𝗱’𝗨𝗴𝘂𝗮𝗴𝗹𝗶𝗮𝗻𝘇𝗮” espresso nell’articolo 3 che rappresenta hai detto la “fine dell’ancien regime” e “l’impegno perenne di rimuovere gli ostacoli per il pieno sviluppo della persona umana”. Grazie!
Eppure, oggi - se andrà come da programmi della maggioranza - 𝘀𝘂 𝗾𝘂𝗲𝗹𝗹𝗮 “𝗽𝗼𝗹𝘁𝗿𝗼𝗻𝗮” 𝘀𝗶 𝘀𝗶𝗲𝗱𝗲𝗿𝗮̀, per i prossimi 5 anni, 𝘂𝗻 𝘂𝗼𝗺𝗼 𝗰𝗵𝗲 𝗽𝗲𝗿 𝘁𝘂𝘁𝘁𝗮 𝗹𝗮 𝘀𝘂𝗮 𝘃𝗶𝘁𝗮 𝘀𝗶 𝗲̀ 𝗽𝗿𝗲𝗺𝘂𝗿𝗮𝘁𝗼 𝗱𝗶 𝘁𝗲𝗻𝗲𝗿𝗲 𝗮𝗰𝗰𝗲𝘀𝗮 𝗾𝘂𝗲𝗹𝗹𝗮 “𝗳𝗶𝗮𝗺𝗺𝗮” 𝗰𝗵𝗲 𝘀𝗰𝗮𝘁𝘂𝗿𝗶𝘀𝗰𝗲 𝗱𝗮 𝘂𝗻𝗮 “𝗰𝗮𝘀𝘀𝗮 𝗱𝗮 𝗺𝗼𝗿𝘁𝗼”. Un emulo di quegli stessi aguzzini che il 16 ottobre affiancarono, nella mia Roma, i nazisti nel rastrellamento dei tuoi correligionari e miei fratelli al Ghetto e al Quadraro (il 17 aprile '44) o gli stessi che ti caricarono, nella tua Milano, con il “biglietto di sola andata”, su quel treno che partiva dal “binario 21”.
Un emulo che, insieme ad altri senatori, su alcuni punti del tuo discorso si è astenuto dall’applauso.
𝗚𝗿𝗮𝘇𝗶𝗲 𝗽𝗲𝗿 𝗶𝗹 𝘁𝘂𝗼 𝗶𝗺𝗽𝗲𝗴𝗻𝗼! Grazie per le tue parole che mi hanno riportato alla mente quelle di un altro grande maestro, 𝗩𝗶𝘁𝘁𝗼𝗿𝗶𝗼 𝗙𝗼𝗮, che oggi – anche se indirettamente hai voluto richiamare.
Il sindacalista, in un’intervista a “𝘔𝘦𝘳𝘪𝘥𝘪𝘰𝘯𝘦. 𝘚𝘶𝘥 𝘦 𝘕𝘰𝘳𝘥 𝘥𝘦𝘭 𝘔𝘰𝘯𝘥𝘰” 9/1, 2009, raccontò che gli era capitato: «una volta, di partecipare ad una trasmissione televisiva insieme ad un senatore fascista [Giorgio Pisanò] che faceva dei grandi discorsi di pacificazione: - In fondo eravamo tutti patrioti... Ognuno di noi aveva la patria nel suo cuore...etc., etc.- Io lo interruppi - disse Vittorio Foa - dicendo: - Un momento. Se si parla di morti, va bene. I morti sono morti: rispettiamoli tutti. Ma se si parla di quando erano vivi, erano diversi. 𝗦𝗲 𝗮𝘃𝗲𝘀𝘁𝗲 𝘃𝗶𝗻𝘁𝗼 𝘃𝗼𝗶, 𝗶𝗼 𝘀𝗮𝗿𝗲𝗶 𝗮𝗻𝗰𝗼𝗿𝗮 𝗶𝗻 𝗽𝗿𝗶𝗴𝗶𝗼𝗻𝗲. 𝗦𝗶𝗰𝗰𝗼𝗺𝗲 𝗮𝗯𝗯𝗶𝗮𝗺𝗼 𝘃𝗶𝗻𝘁𝗼 𝗻𝗼𝗶, 𝘁𝘂 𝘀𝗲𝗶 𝘀𝗲𝗻𝗮𝘁𝗼𝗿𝗲».
Ecco, mentre ti auguro di continuare il tuo prezioso lavoro nelle istituzioni nel Paese, mi auguro che le tue parole insieme a quelle di Foa, su quella “poltrona” che tu oggi hai onorato, restino impresse come monito per il prossimo presidente che la occuperà ma, soprattutto, restino impresse nella memoria collettiva del Paese, anche di chi lo scorso 25 settembre gli ha aperto un credito con il proprio voto: «Se aveste vinto voi, io sarei in prigione».
Con affetto, stima e fraternità.