Criminalizzare il dissenso, la protesta e la disobbedienza rendendoli reato rappresenta uno dei più gravi attacchi ai diritti fondamentali di manifestare e dissentire. Questa deriva autoritaria va assolutamente combattuta
Articolo 19 Libertà di espressione
Ogni individuo ha diritto alla libertà di opinione e di espressione.
Articolo 20
Ogni individuo ha diritto alla libertà di riunione e di associazione pacifica.
Articolo 23
1. Ogni individuo ha diritto al lavoro, alla libera scelta dell'impiego, a giuste e soddisfacenti condizioni di lavoro ed alla protezione contro la disoccupazione.
2. Ogni individuo, senza discriminazione, ha diritto ad eguale retribuzione per eguale lavoro.
3. Ogni individuo che lavora ha diritto ad una rimunerazione equa e soddisfacente che assicuri a lui stesso e alla sua famiglia una esistenza conforme alla dignità umana ed integrata, se necessario, da altri mezzi di protezione sociale.
4. Ogni individuo ha diritto di fondare dei sindacati e di aderirvi per la difesa dei propri interessi.
Articolo 28
Ogni individuo ha diritto ad un ordine sociale e internazionale nel quale i diritti e le libertà enunciati in questa Dichiarazione possano essere pienamente realizzati.
Ieri, 10 dicembre 2024, ricorreva il 76° anniversario dall’adozione della Dichiarazione universale dei diritti umani da parte delle Nazioni Unite.
Settantasei anni di diritti inapplicati, mai resi vivi, diritti di carta.
Gli ultimi 30 anni della storia dei diritti umani sono stati probabilmente i peggiori, anni che hanno privilegiato la “difesa” dei diritti civili in cambio della totale negazione di quelli economici e sociali, tipologia di diritti che richiedono un forte impegno degli Stati in politiche di sostegno, promozione e tutele
In questo scenario, già catastrofico, si inserisce il numero crescente di conflitti che attraversano il mondo, persone costrette a migrare e respinte alle frontiere o annegate nei mari.
L’evidenza delle relazioni internazionali mostra come vi sia un divario tra le intenzioni delle organizzazioni internazionali nel contrastare le discriminazioni e nel sostenere i diritti inviolabili delle persone e l’effettiva applicazione di tali propositi. Ciò è dovuto al fatto che la tutela dei diritti umani nell'ordinamento internazionale avviene mediante strumenti giuridicamente non vincolanti, come la Dichiarazione appunto, che vincolano solo formalmente gli stati che per loro convenienza li hanno ratificati e perché nella geopolitica gli interessi economici, specie riguardo agli approvvigionamenti delle materie prime, prevalgono sul rispetto dei diritti delle persone.
Totalmente diverso l’approccio dell’economia civile per il quale la promozione dell'uguaglianza e del contrasto alle discriminazioni è fondamentale per affrontare le criticità di un mondo in cambiamento e per garantire quel clima di dialogo e pace che conduce tutte le persone alla piena realizzazione dei loro diritti umani.
Non è un gioco a esclusione: ogni diritto riconosciuto non determina la limitazione di un altro diritto, ma anzi amplifica i vantaggi e le opportunità dello sviluppo globale.
Al contrario ogni diritto negato, soppresso, limitato aumenta le diseguaglianze, imbarbarisce il Paese, inasprisce la tensione, cancella i progressi.
Questo è quello che si rischia in Italia se il DDL Piantedosi, già approvato alla Camera ed in discussione in questi giorni al Senato, dovesse divenire legge. Criminalizzare il dissenso, la protesta e la disobbedienza rendendoli reato rappresenta uno dei più gravi attacchi ai diritti fondamentali, ad uno dei pilastri della democrazia: il diritto di manifestare e dissentire.
Il provvedimento non vuole mettere al sicuro cittadini e cittadine ma chi detiene il potere, ponendolo al riparo da ogni tipo di contestazione e di mobilitazione sociale nelle piazze, nei luoghi di lavoro, nelle università, nelle scuole…
Per questo sabato una Rete ampia, la Rete “A pieno regime”, che racchiude spazi sociali, movimenti per l’abitare, comitati ambientali e contro l’autonomia differenziata, realtà che lavorano nell’accoglienza, partiti della sinistra di opposizione da Rifondazione Comunista ad AVS passando per il Pd, reti d* student*, giuristi, palestre popolari e molto altro, con l’adesione anche di CGIL ed ANPI nazionale, ha chiamato una manifestazione a Roma per il 14 dicembre che partirà da piazzale del Verano e chiuderà in piazza del Popolo.
All’appello per fermare il DDL che attacca le radici della democrazia e della partecipazione, il libero dissenso, e rappresenta una minaccia concreta ai diritti costituzionali, creando timore nelle donne e negli uomini che intendono lottare per le proprie e le altrui libertà, hanno risposto anche numerosi artist*, cantant*, attori ed attrici che saranno presenti sabato a Roma in corteo e in piazza.
Il conflitto, la dialettica e il dissenso sono parte fondante e irrinunciabile della democrazia. Questa deriva autoritaria va assolutamente combattuta e fermata.