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Report integrale dei dibattiti e relazioni dell’Ostuni Climate Camp 2023

2023-08-11 14:00

Redazione

AMBIENTE & LOBBY, ambiente, lobby, ostuni climate camp, per il clima fuori dal fossile, fossile, energia rinnovabile,

Report integrale dei dibattiti e relazioni dell’Ostuni Climate Camp 2023

Ecco il report della terza edizione dell’Ostuni Climate Camp, ricchissimo di argomenti, interventi e conclusioni....

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++ articolo pubblicato da Per il Clima Fuori da Fossile++

 

Ecco il report della terza edizione dell’Ostuni Climate Camp, ricchissimo di argomenti, interventi e conclusioni.

 

Abbiamo iniziato l’1 agosto parlando di grandi opere inutili:

  • Dana Lauriola dei No TAV in diretta dal Festival dell’Alta Felicità, appena concluso: qui la galleria principale procede in modo lento. E’ stata cementata una zona d’erba molto estesa, gli alberi sono stati distrutti. Dal punto di vista del movimento, esso è vivo e vegeto, è stato chiuso stanotte il festival dell’alta felicità con decine di migliaia di persone. Ci sono state due manifestazioni contemporanee per mettere in difficoltà i cantieri. L’umore è buono, ovviamente ci sono delle difficoltà e nuove repressioni, ma inizia un nuovo anno di lotta e mobilitazione.

 

  • Poi Gianluca Maggiore, del Movimento No TAP: Il raddoppio di TAP è attualmente in dubbio per diverse cause giudiziarie e Il costo del gas di TAP che supera i prezzi di mercato su hub in Italia. In Italia siamo fessi perché paghiamo il gas il doppio e questo si riversa sulle bollette. Da Masseria Matagiola a Brindisi in poi c’è questo collo di bottiglia che difficilmente verrà risolto, nonostante i tentativi di raddoppio non si è più visto nulla al livello di progettazione. Il TAP, a livello economico, è in difficoltà. Quest’opera che viene dichiarata come quella che ci salverà, in realtà basa la sua forza sul nulla, non abbiamo nessun dato che possa supportare il trasporto e il raddoppio del gas. Ci viene seriamente il dubbio che quest’opera nei prossimi 50 anni porterà realmente dei benefici per l’Europa intera. Entro il 31 dicembre 2021 i lavori sarebbero dovuti finire, ma in realtà non è stato cosi perché sono continuati in mare, ma soprattutto non è stato fatto il ripristino dei luoghi: basta aprire google maps e possiamo vedere il disastro paesaggistico che il gasdotto ha lasciato. In italia non c’è un progetto di gasdotto, che non abbia gli stessi problemi di TAP, non esiste una grande opera finanziata che poi non porti in realtà dei danni rispetto alle valutazioni iniziali. Quelle che vengono definite grandi opere servono alla comunità o servono solo ad avvallare il profitto a poche persone? Sulla questione compensazioni c’è sempre qualche partito che cerca di ottenere dei soldi dal TAP, e puntualmente gli viene sbattuta la porta in faccia, e gli dicono che i soldi non ci sono.

 

  • Mariasole del movimento No Base Coltano: abbiamo capito che non basta non avere la base, ma vogliamo unirci con tutte le lotte che ci sono sul territorio perché vogliamo fermare la costruzione della base a Pisa, ma ci troviamo in un lab militare italo-americano. Abbiamo fatto la manifestazione del 2 giugno scorso e l’aasemlea del 4, il campeggio di luglio. Una data che è uscita dal campeggio è quella del 21 ottobre per una manifestazione nazionale a Pisa.

 

  • Luigi Sturniolo per No Ponte: Sul Ponte dello Stretto c’è stata un’accelerazione pazzesca col PnRR, si sono dati un cronoprogramma che dovrebbe portare all’inizio dei lavori nel luglio 2024. A Messina c’è chi non vede l’ora che venga creato e c’è chi non lo vorrebbe, alcuni ne avranno profitto e altri perderanno soldi. Messina diventerà una città cantiere. Una delle caratteristiche del ponte è che sarà un’opera maestosa, il ponte sarà in sostanza dentro la città, quindi far ingurgitare una cosa così grande creerà dei conflitti.

 

  • Francesco Masi di No Triv: la situazione in Basilicata e in generale per le trivelle in tutta Italia, comprese quelle in mare, è molto preoccupante: inquinamento continuo delle falde e del territorio in zona Viggiano, e vogliono estrarre le ultime gocce di gas anche in giacimenti non più produttivi da decenni. Tutti i territori si devono mobilitare, perché quasi tutta l’Italia ha delle concessioni di trivellazioni. Ed ENI è sempre più aggressiva.

 

  • Linda Maggiori, giornalista: I cantieri della Rete Adriatica SNAM in Romagna sono già iniziati, quindi solo ora hanno avuto inizio proteste, però se non siamo noi della Campagna Fuori dal Fossile a organizzarle, non ci sono altri movimenti sul territorio ancora. E siamo abituati già al petrolchimico.

 

  • Renato di Nicola, Fuori dal Fossile: Ravenna ha un movimento molto forte. La lotta contro le grandi opere e il fossile si sta allargando a macchia d’olio, tanto è vero che dal 24 al 26 ottobre quando ci sarà il convegno annuale OMC Med Energy delle compagnie oil&gas, ci sarà un contro forum. Altra grande opera di cui si è parlato troppo poco è la Rete Adriatica SNAM e il terminale di compressione di Sulmona. E’ un’opera molto pericolosa dal punto di vista ambientale e sismico e con i nostri soldi. È inutile sia dal punto di vista economico ed energetico, gasdotto che non serve. Verranno provocati solo devastazione e saccheggio dei territori.

 

  • Il PnRR ha riesumato, come delle sfingi che risorgono dalle ceneri, progetti ormai o mai dimenticati, come il Ponte, o servirà ad appianare i debiti di opere trentennali mai finite o mai iniziate come la TAV Torino Lione. E nuove opere finanziate col RePowerEU come Rete Adriatica SNAM, tutte opere inutili, costose e dannose.

 

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2 agosto: Dibattito sul rapporto tra acqua, energia, clima

  • Si è iniziato con l’intervento diSara Vegni dell’associazione ASud per Giudizio Universale, che torna nelle aule di giustizia per imporre una drastica riduzione delle emissioni climalteranti. Il 13 settembre, mentre il team legale sarà impegnato al tribunale civile, chi segue e promuove Giudizio Universale dovrà mantenere alta l’attenzione sulla campagna e sulla causa, cercando di diffondere l’udienza e in generale il percorso di Giudizio Universale sui media mainstream e sui social.

Poi si è parlato di rapporto tra acqua, energia, climauscire dal fossile nel riequilibrio dell’ecosistema. E nella rimodulazione del PNRR presentato dall’Italia una settimana fa alla UE, sono state stralciate proprio le “Misure per la gestione del rischio di alluvione e per la riduzione del rischio idrogeologico”, malgrado una annata di siccità e poi di alluvione in Romagna.

  • Introduce Renato di Nicola, di European Water Movement: Che cos’è l’acqua? Non è un servizio, è un bene ecosistemico, non è prodotto da nessuno. L’unica cosa che hanno intenzione di fare è andare a prendere ulteriori fonti idriche, vanno rubare acqua da un territorio, che poi andrà perso per un ulteriore 50%: non c’è un sistema idrico efficiente. Si utilizza l’acqua non contaminata e si rimette in mare l’acqua contaminata. Manca un’impronta idrica ad ogni utilizzazione che si fa al bene acqua. Perché fare nelle montagne delle piccole dighe per creare elettricità, quando in realtà stanno mettendo fine a tutti i fiumi storici che ci sono e che producono minuscole quantità di energia, e sprecando solo soldi. Il problema dell’acqua non è dal punto di vista della quantità ma quello quantitativo. Per affrontare i problemi legati alla siccità e le alluvioni, a tutto ciò che è collegata all’acqua, il problema non è solo nostro ma anche nel resto del mondo. In Uruguay un giorno i cittadini si sono svegliati con dell’acqua salata che fuoriusciva dalle tubature e il governo ha risposto “Anche se non è potabile, è bevibile”.

 

  • Simona Savini, Foro Italiano Movimento Acqua : Negli ultimi anni stiamo affrontando il rapporto tra cambiamenti climatici e l’acqua. il decreto siccità è un falso inno allo sblocco dei fondi e a facilitare i processi di autorizzazione di prelievo. In Francia e in Spagna sono state fatte delle ordinanze che vietano il riempimento delle piscine. Quello che non viene mai sottolineato sono le responsabilità dell’agricoltura intensiva, però senza mai mettere in discussione il modello. Nei numeri di consumo di acqua a scopo agricolo si prende in esame lo stress idrico, il territorio che è più a rischio in Italia è la Pianura Padana, è quella che pompa più acqua, quasi il 60% dell’acqua consumata in agricoltura. È presente tutto un sistema agricolo che è legato agli allevamenti intensivi. Per la salute dei fiumi vanno rimosse le dighe. L’altra cosa molto grave del decreto siccità è che passa completamente sopra alla democrazia dei territori, delle stesse regioni, comunità locali. Nel decreto siccità è stata aggiunta addirittura un’apertura ai nuovi ogm, con la scusa che grazie a questi si possono trovare più soluzioni alla siccità.

 

  • Aura di Aigua es Vida di Barcelona, Spagna: La situazione idrica in Catalogna è abbastanza disastrosa, specialmente se pensiamo che questa regione della Spagna è divisa in due parti. La parte di destra soffre molto la siccità, mentre l’altra, avendo il fiume Ebro, ne risente in maniera minore, ma ha un altro problema: lì si pratica un’agricoltura intensiva che richiede MOLTA acqua. La maggior parte della popolazione della Catalogna, in totale 473mila, è in una situazione impressionante, con invasi sotto il 25% e limitano il consumo di acqua a 230L al giorno sia nelle case sia nelle industrie, anche se nelle case il consumo è MOLTO di meno, intorno i 120L giornalieri. Ciò significa che l’uso di acqua nelle industrie e per l’agricoltura intensiva è molto più alto del consumo umano. La situazione eccezionale è che l’uso dell’acqua per l’agricoltura sia limitato al 40% e per l’industria all’11%. A causa di questa mancanza di acqua, la popolazione non può irrigare il giardino, pulire i marciapiedi, o le strade, o riempire le piscine. “Dalla prossima settimana, altri 25 comuni della Catalogna entreranno nello stato di emergenza: significa che le riserve di acqua sono giù del 13% e il limite di acqua sarà abbassato a 200L a persona”. L’attuale situazione di siccità della Catalogna è causata anche dalla situazione meteorologica, legata al cambiamento climatico; la maggiore richiesta di acqua, la crescita demografica, il modello economico della Spagna e l’agricoltura intensiva, specialmente per l’esportazione, e l’allevamento di maiali sono fattori che premono molto sull’uso dell’acqua. Come succede in Italia, le zone urbane più grandi, come l’area metropolitana, hanno richieste idriche molto più alte. “il 55% della Spagna riceve acqua pubblica e il 45% privata, e a livello della Catalogna solo il 22% ha acqua pubblica, è, quindi, la zona più privatizzata al mondo”. La maggior parte dei municipi in Catalogna ha acqua pubblica, mentre le zone della costa, che hanno più popolazione, hanno acqua privata, questo perché le aziende possono aumentare i propri interessi lì. Il municipio più grande in Catalogna ha, ovviamente, l’acqua privatizzata, però costa anche di più; l’acqua pubblica, invece, è più economica. Nel 2010, anno in cui l’acqua viene riconosciuta come diritto umano, 36 municipi della Catalogna (circa il 7%) hanno recuperato la gestione idrica pubblica. Ad oggi, molti municipi stanno lottando per riprendere in mano la faccenda “acqua”, affinché essa sia pubblica, ma le aziende private stanno premendo molto affinché questo non accada, altrimenti perderebbero i loro interessi. “Ma in questa situazione di privatizzazione e di siccità, cosa facciamo?” Il governo della Catalogna ha fatto un tavolo di negoziazione per prendere misure su questa situazione, ma non ha contatti con il movimento sociale, proprio quel movimento che lavora per l’acqua. “Abbiamo messo insieme un centinaio di organizzazioni per mitigare l’uso dell’acqua, e alla fine, il governo ci ha preso sul serio”.

 

  • Marta Innocente del Comitato Acqua Pubblica Lecce: Ci sono stati partiti che non hanno sostenuto il tema acqua, per cui, sono stati i cittadini che lo hanno portato avanti con i comitati, associazioni… In Puglia è rimasta la SPA pubblica nella proprietà ma gestita secondo norme del diritto commerciale. Però di recente c’è stato un confronto con il Presidente dell’AIP e anche, precedentemente, con il Presidente dell’Acquedotto Pugliese. Ci sono stati altri rischi di privatizzazione; c’è un’ipotesi di formare una multiutility, che avrebbe in gestione più risorse: non solo l’acqua ma anche l’energia, i trasporti, rifiuti. In questo momento abbiamo continuato comunque a portare avanti non solo dell’acqua pulita e dell’acqua per tutti, il diritto universale, indispensabile, inalienabile e garantito anche a livello della legislazione europea. Abbiamo avuto alcuni problemi, come quello per esempio dell’inquinamento delle falde idriche. Come per esempio a Corigliano d’Otranto, nella provincia di Lecce, che nutre una buona parte del Salento, come anche da altre parti come Basilicata, l’invaso del Pertusillo. Altro problema in contrasto con l’acqua e quello della cementificazione con allagamenti oppure disastri a causa delle bombe d’acqua. “Ci piacerebbe, inoltre, venissero riaperte le fontanelle pubbliche nei vari comuni” ed approfondire il tema della possibile “autostrada dell’acqua” che dall’Albania vorrebbe portare l’acqua all’acquedotto pugliese.

 

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3 agosto: il tema sarà incentrato sull’energia: gas metano , GNL, Trivelle, idrogeno, PNIEC: i combustibili fossili e le alternative (rinnovabili – CER).

 

Nella prima parte abbiamo analizzato la situazione ed il racconto sui fossili negli altri paesi europei. Sono intervenuti:   

  • Frida Kieninger: Director of EU Affairs di Food and Water Action Europe, Bruxelles, sulle politiche europee delle fonti fossili: con la guerra ucraina si è invertito il flusso del gas che andava dall’est verso l’ovest, oggi con il GNL va dall’ovest verso est. Il flusso di LNG verso l’Europa è aumentato del 66% dal 2021 al 2022, per un totale di 135 miliardi mc di GNL importato. E il passaggio dall’emergenza gas all’hub del gas è avvenuto in quasi tutta Europa. E’ stata creata una piattaforma energetica tra compratori e venditori di GNL e la UE è molto fiera di questo. E si denota ovunque una privatizzazione dei profitti e invece una socializzazione dei rischi. Ed è impressionante l’ultimo mese quanti rigassificatori sono nati in tutta Europa, una accelerazione pazzesca. E non riusciamo a stare dietro a tutti i nuovi terminali GNL che stanno nascendo in Europa. E dire che il consumo di gas si è ridotto del 15% nell’ultimo anno. E per assurdo è aumentata l’importazione di GNL russo, che però viaggia in modo anonimo. E tutti i nuovi terminali e gasdotti, anche della PCI list, vengono giustificati perché possono anche trasportare idrogeno.

 

  • Diego Pedraza Lahozdi Deutsche Umwelthilfe, Germania: la Germania prima della guerra ucraina non aveva terminali GNL, ora siamo già a 3 navi FSRU per 21.5 miliardi di mc. La Germania è passata da un consumo di 90 milardi di mc di gas di prima della guerra agli odierni 38 miliardi. E sono in progetto altre 5 navi di gas e 3 rigassificatori nuovi. A maggio 2022 è passata una legge di esemplificazione del GNL per creare 18 progetti di rigassificatori per un totale di 80 miliardi di mc di gas con contratti al 2045 e senza Valutazione d’Impatto Ambientale. Tutti i progetti devono essere pronti per l’idrogeno. Altro gas viene dall’Olanda (20 mmc/anno) e Polonia (12 mmc/anno). Il governo tedesco vuol ridurre il consumo del gas solo dell’1 % entro il 2030, ma la Climate Law tedesca impone un 10% di riduzione. La Germania sta addirittura trivellando per il gas lungo la frontiera con l’Olanda. E tutto ciò sta accadendo con un governo rosso – verde, cioè SPD che sono socialdemocratici molto liberisti e i verdi che sono pragmatici, cioè cercano le soluzioni tecniche e di mercato per risolvere la crisi climatica.

 

  • Joao Camargo dell’ONG Climaximo, Portogallo: l’industria del gas in Portogallo è molto recente ed è solo per la produzione energetica. Oggi importiamo il gas da Nigeria, Algeria e US. L’anno scorso abbiamo lanciato la campagna Stop gas per terminare il suo uso anche energetico entro il 2025 e di usare solo le rinnovabili per l’anno prossimo. Attualmente abbiamo una nave e 3 tre rigassificatori. Ma c’è il trucco: c’è un progetto H2Med per collegarsi alla Spagna e Francia (“ o gasoduto camuflado de verde”) e trasportare anche idrogeno. Ma il Portogallo non ha H2 verde e non ci sono progetti in merito. L’H2 ha molecole molto più piccole del metano e sui gasdotti esistenti ci sarebbero fughe pericolose. E solo l’ultimo tronco di H2Med portoghese sarà fatto nuovo, perciò non si può parlare di idrogenodotto. E la produzione di idrogeno oggi proviene al 75% da metano, al 23% da carbone e solo meno dell’1% è prodotto da elettrolisi. Inoltre, dalla produzione di idrogeno verde al suo uso, lungo la filiera produttiva e la rete distributiva, si ha una perdita del 67% prima del suo consumo, cioè l’idrogeno ad oggi è inefficiente. Per alimentare H2Med il Portogallo dovrebbe triplicare la produzione odierna di rinnovabili e ciò solo per l’esportazione, senza considerare il consumo interno. E tutti e sei i nuovi gasdotti europei, compresa la rete adriatica italiana, come in una stella arrivano al centro che è la Germania: l’Europa sta cercando di compensare col GNL tutto il gas economico che la Germania riceveva dalla Russia e ciò ha prodotto una instabilità energetica in tutti i paesi europei coinvolti. E sono sempre le stesse compagnie che producono idrogeno o rinnovabili e che trasportano gas. E così viene riprodotto il modello di produzione fossile anche per le rinnovabili.

 

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