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FAENZA, IL TEMPO MANCATO.

2025-01-09 15:35

Luigi Iorio

AMBIENTE & LOBBY, FAENZA, alluvione, alluvione emilia romagna,

FAENZA, IL TEMPO MANCATO.

Ci ho messo un pò prima di scrivere di Faenza dalla nuova alluvione del settembre 2024, non riuscivo a riportare l’ennesima tappa del Diario dell’Allu

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Ci ho messo un pò prima di scrivere di Faenza dalla nuova alluvione del settembre 2024, non riuscivo a riportare l’ennesima tappa del Diario dell’Alluvione, parlare di Faenza mi suscitava troppa rabbia e rischiavo di far diventare il racconto solo un’invettiva, solamente indignazione fine a se stessa. Eppure Faenza rappresenta in pieno tutto quello che non va nel nostro rapporto con l’ecosistema, con il nostro sistema iper-capitalista e speculativo fino all’estremo, dove ormai ogni centimetro di terreno libero è visto come un’offesa per il libero mercato, come si può tollerare che ci sia terra libera da cemento? Ed ecco che il mercato subito provvede mobilitando le grandi lobby del cemento edile, le giunte comunali, i sindaci, gli assessori provinciali e regionali, i presidenti di regione.  

 

Che quell’obbrobrio venga subito ricoperto da una colata grigia, che siano appartamenti o villette a schiera poco importa, si deve fare per fare, sacrifichiamo suolo sull’altare dell’economia, spazi abitativi che siano utili o meno non fa nulla i soldi si muovono e si ripuliscono facendo cose e non è detto che tali cose servano veramente alle persone. Borgo Durbecco, il quartiere più colpito di Faenza, ma anche via Lapi, ancora una volta sommersi e coperti dal fango sono i perfetti esempi di cosa è il nostro Sistema, di cosa abbiamo accettato in silenzio, e lo abbiamo avallato nella speranza di vivere il sogno della casa di proprietà, della villetta simil magnate, con il mini giardinetto per la piantina di basilico, il mini sogno per il piccolo proletario che sogna in piccolo.

 

A Borgo i palazzi antichi dei signori furono edificati sopra il livello del fiume ed infatti restano sempre asciutti. Invece dalla metà del ‘900 per i sogni del popolo operaio, il quale è sempre sacrificabile per la macchina del Mercato Libero, si è iniziato a edificare interi quartieri sotto il livello del Lamone, il mostro che abbiamo lasciato crescere si è mangiato tutto e quando il fiume esce da suo letto, o come nel caso faentino crolla il muro antico che faceva da argine, diventa la prigione perfetta per le vittime.

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È il 21 settembre quando arrivo a Faenza, parcheggio ormai al solito posto vicino al ponte delle Grazie e vado a piedi fino a Borgo, il percorso che mi separa dalla zona rossa è un eterno deja-vù, mi vengono incontro persone sporche di fango, gruppi di volontari da tutta Italia e poi arriva l’odore prima di giungere sulla rotonda di via Cimatti, quell’odore di fango, di umido, di chimico, un odore che solo chi lo ha vissuto sa riconoscere subito, un odore che alimenta la rabbia, appena è arrivato alle narici mi ha fatto dire un “ma che cazzo”. Poi arrivo alla rotonda si era tornati indietro di un anno, le stesse zone colpite dalle alluvioni del 2023 erano state seppellite ancora a settembre 2024.

 

I rumori che mi circondano sono tanti, mezzi meccanici, idropulitrici e urla di indicazioni a chi opera su un mezzo, ma il tutto viene compiuto in modo freddo e automatico, come già ho visto a Traversara anche qui le persone sono ormai già organizzate hanno già le idropulitrici le pale e le carriole, anche qui come a Traversara i volontari della protezione civile mi dicono che le persone si sono autorganizzate per vuotare case e cantine e hanno messo i mobili e oggetti da buttare fuori in strada, sono loro che si sono organizzati di conseguenza, non se la sono sentita di interrompere i lavori.

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Girando per le strade di Borgo Durbecco è chiaro che la priorità è non lasciare troppo quella merda in casa, la sfiducia verso le istituzioni è totale, nella rotonda che ho superato un mega striscione domina lo spazio con la scritta “Alluvionati Arrabbiati”. Nessuno è fermo tutti lavorano, fino allo stremo, compresi i vigili del fuoco uno mi si avvicina e si 

toglie tutta l’attrezzatura stanco e sudato, vado verso via d’Azzeglio il fango è ancora alto e io con le adidas da basket fatico, ancora una volta non ho trovato stivali per il mio 46, supero la palestra Lucchesi ha il piazzale pieno di fango e troppi mezzi in manovra è inavvicinabile.

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Via d’Azzeglio è piena, le persone stanno andando in pausa pranzo, una signora cerca di partire con una bici, l’ha stracaricata di borse, non riesce perché il fango è alto, le do una spinta e riesce ad andare, nessuno vuole parlare la rabbia si sente, un gruppetto di giovani cerca comunque di alleggerire il lavoro con qualche risata, ma la tensione non cala, riprendo via Cimatti voglio andare verso il viadotto della via Emilia, voglio andare a vedere a tutti costi, ripasso quei luoghi che avevo già fotografato per il libro, le immagini le ho chiare in testa e rivedo sconfortato quegli stessi luoghi ora, bisogna schivare i mezzi le auto e i trattori che procedono piano in mezzo alla carreggiata, devo camminare di lato dove il fango è più alto, tra volontari al lavoro e ragazzi che tornano a casa alla fine arrivo quasi al viadotto, ma devo fermarmi il fango e l’acqua sono troppo alti, monto alla macchina il teleobbiettivo, voglio vederlo il muro, voglio vedere quella schifezza di muro che le istituzioni locali? Nazionali? Regionali? Chi se ne frega chi lo ha fatto, la risposta a un anno di post emergenza, di specialisti, di generali, di sindaci e presidenti pronti “a fare” tutta questa fuffa ha fatto sì che l’unica cosa prodotta sia stata un misero muretto di mattoni simil Lego la sera prima dell’alluvione, muro che poi miseramente crolla.

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Dopo questo ennesimo disastro nessuno se l’è sentita di dimettersi, tutte le istituzioni si sono appellate al poco tempo per prendere dei provvedimenti seri, scuse assurde perché ci fosse stato realmente già dalle alluvioni del 2023 un mea culpa serio su tutto quello che non si è fatto in passato, si fosse analizzato seriamente il modello Emilia Romagna per iniziare un cambio rotta forse molti di noi avrebbero capito e magari i toni delle proteste non sarebbero stati così forti, ma in realtà il mostro della cementificazione non si è mai fermato anzi, dopo i fatti del 2023, in Romagna e nel resto delle zone colpite sono aumentati i progetti di consumo dl suolo in un Paese in crisi di natalità, in una regione che sta invecchiando velocemente sono in previsione nuovi quartieri. Una follia il Sistema non si ferma, la politica è schiava delle Lobby bisogna sperare in qualche indagine della magistratura, forse.

 

il Diario dell'Alluvione è disponibile qui

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