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100 ANNI FA INIZIARONO LE LEGGI FASCISTE

2025-01-05 14:07

Andrea Valentinotti

CULTURA, GIUSTIZIA, fascismo, alfredo rocco, codice rocco,

100 ANNI FA INIZIARONO LE LEGGI FASCISTE

Alfredo Rocco (Napoli 1875 – Roma 1935) non fu solamente il Ministro di Grazia e Giustizia che firmò l’ancora vigente Codice penale. Egli è considerato un perso

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A cento anni dalla nomina di Alfredo Rocco come Ministro della Giustizia del governo fascista di Mussolini pubblichiamo questa riflessione di Andrea Valentinotti sull'autore del codice penale ancora in vigore (ndr) 

 

Alfredo Rocco (Napoli 1875 – Roma 1935) non fu solamente il Ministro di Grazia e Giustizia che firmò l’ancora vigente Codice penale. Egli è considerato un personaggio cardine nella costruzione dell’apparato istituzionale fascista, tanto che la sua figura fu definita quella di “tecnico del regime”.

Già professore di procedura civile e diritto commerciale in diversi atenei (tra cui Padova, tra il 1910 ed il 1925), dapprima si avvicina ad ideali liberali e radicali, per poi aderire con convinzione al movimento dei nazionalisti.

 

Al congresso nazionalista di Milano nel 1914 redige la relazione dal titolo “I princìpi fondamentali del nazionalismo economico”, e nello stesso anno fonda il periodico “Il Dovere nazionale”, dalle cui pagine si esprime in favore della partecipazione italiana alla guerra.

Nel 1921 è eletto deputato nella lista dei blocchi nazionali, confluendo poco dopo nel Partito fascista.

 

Dapprima Presidente della Camera (durante il delitto Matteotti) poi entrato nel Governo come Ministro di Grazia e Giustizia, a lui si devono le più importanti modifiche strutturali dello Stato, ed anche la legge elettorale presentata nel 1928 che prevedeva l’approvazione plebiscitaria di un’unica lista nazionale, oltre che, come tristemente noto, le leggi fascistissime e il famigerato Tribunale speciale per la difesa dello stato (competente per i reati politici).

 

Non per nulla fu scelto da Mussolini anche e soprattutto per le sue indubbie competenze tecnico-giuridiche, nominandolo Ministro di Grazia e Giustizia il 5 gennaio 1925, ossia nel momento della cosiddetta “crisi Matteotti”; dopo il noto discorso del 3 gennaio al Parlamento, nel quale Mussolini si assunse la responsabilità politica dell’omicidio di Matteotti, il duce decise di accelerare il procedimento di trasformazione dello stato in senso totalitario e pertanto si servì dell’abilissimo Rocco. 

 

Fu altresì determinante anche nell’elaborazione dei regolamenti relativi al Concordato con la Santa Sede del 1929.

 

Come detto, è considerato l’artefice della definizione tecnica e politica di “Stato fascista”.

Nei suoi scritti sosteneva che questo “contiene in sé gli elementi di tutte le altre concezioni dello Stato, ma in maniera integrale e perciò vera (…). La nostra concezione dello Stato è bensì quella di uno Stato sovrano e superiore agli individui, ai gruppi, alle classi, ma con il chiaro ed esplicito presupposto che lo Stato debba di tale sovranità servirsi, non per fare opera di oppressione, bensì per realizzare fini superiori. Nella superiorità dei fini dello Stato (omissis) sta la ragione della superiorità dei suoi poteri”.

 

Ciò portava ad un conseguente ribaltamento di ruoli nel rapporto tra Stato e cittadino. A differenza di quanto avveniva nella concezione liberale (almeno in teoria), nella quale lo Stato è posto al servizio del popolo, nella società fascista il cittadino è subordinato alla società e concorre a raggiungere lo scopo storico ed immanente di conservazione, espansione, perfezionamento che sono distinti dagli scopi dei singoli individui che pro tempore la compongono.

 

Anche l'idea di "libertà", secondo Rocco, andava rivista completamente: la libertà per l’individuo è concessa nell’interesse sociale e non gli è riconosciuta in quanto tale.

Tutto ciò trova ampi riscontri nel Codice penale che porta ancora oggi il suo nome, approvato nel 1930.

 

Lo strumento dell’azione penale aveva a sua volta un preciso ruolo, ossia quello di difendere il nuovo assetto, ma non solo. Sosteneva Rocco, intervenendo in Parlamento: “nel codice penale lo Stato si affermerà vigorosamente come tutore della moralità e dell’ordine famigliare”.

 

Nel 1932, dopo esser stato sollevato dall’incarico di Ministro, diventa rettore dell’Università di Roma e due anni dopo viene nominato Senatore del Regno.


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