“La lista ha portato dentro la competizione elettorale un punto di vista contro la guerra chiaro” di Maurizio Acerbo segretario nazionale di Rifondazione Comunista, candidato in Pace Terra Dignità
Ringrazio tutte le cittadine e i cittadini che hanno votato e sostenuto la lista Pace Terra Dignità. Non abbiamo raggiunto il quorum ma abbiamo fatto la giusta lotta, quella per mettere al centro della discussione pubblica in Italia e in Europa la questione della guerra.
Abbiamo fatto una grande campagna pacifista, la più grande da molti anni a questa parte.
Abbiamo posto le questioni cruciali di questo momento storico di scontro sempre più diretto tra Stati Uniti/NATO e Russia, Cina e resto del pianeta. Abbiamo cercato di dare voce - anche attraverso le candidature di esponenti della comunità palestinese - all’indignazione per la complicità italiana e europea con il genocidio che il governo Netanyahu sta commettendo a Gaza.
Abbiamo chiamato a raccolta chi diserta, quelle/i che non vogliono salire sul bombardiere di un Occidente suprematista, neocolonialista e neoimperialista, in aperto scontro con le altre potenze. Abbiamo cercato di allargare l’area della consapevolezza su quanto sta accadendo. Abbiamo dato voce alla richiesta di cessate il fuoco, come condizione per rilanciare un programma di giustizia sociale e ambientale.
Lo abbiamo fatto smontando la propaganda di guerra in tutti gli spazi mediatici disponibili e in centinaia di piazze, teatri, incontri.
Lo abbiamo fatto dentro una narrazione mainstream in cui tutti si fingevano per la pace nonostante votino insieme da anni per la guerra e per l’economia di guerra come pilastro dell’Europa. Per evitare di entrare in conflitto con il sentimento popolare si sono finti nell’imminenza delle elezioni tutti pacifiste/i.
Un dato è certo: se avessimo preso il 4% oggi si starebbe discutendo del successo dei pacifisti e dell’irrompere dell’opinione pubblica contraria alla guerra nella politica. Invece si sta discutendo della solita contrapposizione, spesso purtroppo soltanto apparente, del bipolarismo. E, tra l’altro, escono vincitori entrambi i poli, in particolare FdI e PD che continueranno serenamente a votare insieme per l'invio di armi.
Come abbiamo imparato da lungo tempo è difficilissimo rompere lo schema bipolare che oggi si presenta come contrapposizione antifascista al governo di destra. Anche nelle elezioni europee, proporzionali e senza nessun governo in ballo, le persone sono state indotte a votare dentro quello schema.
La rappresentazione mediatica ha prevalso sulla realtà. In realtà è la logica della guerra che sta sdoganando l’estrema destra in Europa.
Finito lo scontro elettorale Giorgia Meloni annuncia che FdI voterà nel parlamento europeo per la guerrafondaia e neoliberista Ursula von der Leyen che finora è stata sostenuta anche dal PD e da Forza Italia. Probabilmente lo sarà anche nel prossimo quinquennio col voto anche dei verdi europei che condividono il forsennato sostegno alla guerra e al riarmo. Non potranno rinnovare il loro sostegno i liberali e guerrafondai Calenda, Renzi e Bonino rimasti questa volta fuori dal parlamento europeo (chi di sbarramenti antidemocratici ferisce poi ne perisce).
La lista ha portato dentro la competizione elettorale un punto di vista contro la guerra chiaro, senza sconti per chi porta la responsabilità della scelta della subalternità alla NATO e agli USA. Abbiamo scelto di non mettere in secondo piano la lotta per la pace come fanno tanti soggetti che praticano un pacifismo soft sempre attento a non disturbare il PD che si è presentato alle elezioni con un programma che rimane quello della guerra fino alla vittoria.
Vanno davvero ringraziati Michele Santoro e Raniero La Valle per essersi spesi in un’impresa difficilissima e controcorrente.
Ringrazio le compagne e i compagni di Rifondazione Comunista che sono stati determinanti nella raccolta firme che ha reso possibile la presentazione della lista e che hanno fatto la campagna elettorale con la consapevolezza che la lotta per la pace per le/i comunisti è il terreno prioritario nel momento in cui un capitalismo sempre più finanziarizzato affronta le sue contraddizioni con una “guerra mondiale a pezzi” in continua escalation e che ci pone di fronte al rischio sempre più concreto di conflitto nucleare. E un ringraziamento particolare va rivolto alle compagne e ai compagni che hanno messo a disposizione il proprio nome e il proprio volto come candidate/i e hanno girato a proprie spese nelle circoscrizioni con uno spirito di servizio e una generosità che ha contraddistinto tutta la lista.
Dall’inizio sapevamo che la strada era in salita perché fortissime sono state le resistenze delle formazioni politiche esistenti alla convergenza in un’aggregazione che mettesse “la pace al primo posto”. Dopo il Teatro Ghione a ottobre c’era lo spazio per un processo di costruzione che poteva attraversare il paese ma che è stato rallentato dal tentativo purtroppo fallito di favorire la convergenza più larga possibile.
Non posso che complimentarmi con AVS per il risultato clamoroso ma che non porta il segno politico del no alla guerra quanto quello del rafforzamento della linea di Bonelli e Fratoianni che mai hanno aperto un minuto di scontro col PD sul tema. Il fatto che questo successo sia stato ottenuto soprattutto grazie al consenso raccolto da due candidature dal profilo radicale non modifica il fatto che il risultato rafforza la linea di quella formazione e la sua scelta di mettere al primo posto sempre e comunque l’alleanza col PD. Non commento la posizione di chi ha voluto rompere UP considerandosi incompatibile a ogni relazione con Santoro e La Valle e a possibili aperture a forze come AVS e poi ha deciso di votare per quella lista.
Potevamo avere una lista contro la guerra al 10% e non c’è stata non certo per responsabilità nostra che l’abbiamo proposta per mesi accogliendo l’appello di Santoro e La Valle che non implicava la scomparsa o l’invisibilità delle formazioni politiche esistenti ma semplicemente l’assunzione di un comune impegno contro la guerra.
Per quanto riguarda noi di Rifondazione Comunista questa esperienza va analizzata in maniera molto articolata. Pace Terra Dignità non solo presenta un bilancio positivo sul piano politico per aver posto in maniera netta la questione della guerra e delle sue ricadute economiche e sociali, ma anche come dato elettorale non va sottovalutata.
Certo il risultato è al di sotto delle aspettative che aveva suscitato la visibilità mediatica di Michele Santoro e la riuscita di tante iniziative.
Il dato è comunque migliore di tutte le esperienze elettorali unitarie recenti.
PTD ha preso il 2,26, una percentuale superiore a Unione Popolare (2022), La Sinistra (2019) e Potere al Popolo (2018).
Il dato va visto soprattutto in cifra assoluta. E’ utile raffrontare i dati delle ultime competizioni elettorali. A fronte di un’astensione altissima con un’affluenza al 49,65% PTD è stata votata da 516.742, dunque 113.593 in più di Unione Popolare che con un’affluenza del 63,91% aveva ottenuto l’1,43% e 403.149. La Sinistra (in cui eravamo uniti a Sinistra Italiana) con un’affluenza del 56,9% raccolse alle europee del 2019 l’1,76% e 465.092 voti. Per non parlare del risultato alle politiche 2018 di PAP che a fronte di un’affluenza del 72,94 % totalizzò 372.179 voti e l’1,13%.
Considerato il fortissimo richiamo tra l’elettorato dei movimenti e della sinistra radicale delle candidature di un compagno come Mimmo Lucano e di Ilaria Salis va detto che il risultato di PTD è davvero significativo.
Non si può non denunciare il fatto che anche in questa campagna elettorale la competizione è stata truccata da un uso dei media teso a penalizzare una lista scomoda come la nostra. I grandi giornali guerrafondai e neoliberisti sono passati dagli attacchi denigratori all’oscuramento e il complesso dell’informazione radiotelevisiva ci ha sostanzialmente cancellato. I dati dei tg sono eloquenti in proposito come l’utilizzo manipolatorio dei sondaggi per orientare l’opinione pubblica.
Il dato politico di questa campagna elettorale è che in Italia la guerra non mette in crisi i partiti che la sostengono e anzi esce penalizzata una formazione come il M5S che, pur tra grandi contraddizioni e dopo aver votato per l’invio di armi, ha assunto una posizione per la pace.
L’astensione altissima continua a testimoniare una crisi democratica profonda e il crescente distacco delle classi popolari dalla politica. Si tratta, almeno per la sinistra che non rinuncia a costruire un progetto di trasformazione sociale, della principale emergenza perché proprio i soggetti più penalizzati dalle politiche neoliberiste tendono alla passivizzazione, alla spoliticizzazione e alla non partecipazione.
Abbiamo lottato a mani nude ma con la coscienza pulita contro i carri armati, ma possiamo rivendicare con orgoglio di aver fatto il nostro dovere. Come i socialisti che nel 1914 si riunirono a Zimmerwald, come Jean Jaures, Umberto Terracini, Giacomo Matteotti, Karl Liebknecht, Rosa Luxemburg, Eugene Debs, Lenin e Bertrand Russell noi abbiamo cercato di dare voce al no alla guerra. Nel chiedere il rispetto del ripudio della guerra sancito dall’articolo 11 della nostra Costituzione nata dalla Resistenza abbiamo difeso in maniera viva i principi dell’antifascismo e le migliori tradizioni della sinistra socialista e comunista italiana e del cattolicesimo sociale. Pertini, Berlinguer, don Lorenzo Milani non possono essere ridotti a santini a cui rendere omaggio ipocritamente mentre si vota per la guerra e ci si genuflette alla NATO e alla Casa Bianca. “Fuori la guerra dalla storia”, continua a essere l’imperativo categorico che ci ha lasciato in eredità la nostra compagna partigiana Lidia Menapace che ci ha anche insegnato a non perdere mai la pazienza unitaria e il sorriso.