Il 2025, stando a quanto riferito dal Ministro Nordio, dovrebbe essere l’anno dell’approvazione della riforma costituzionale che prevede la separazione delle carriere tra giudici e pubblici ministeri.
Riforma di cui si parla da decenni, ma mai come ora sembra poter arrivare al traguardo.
In estrema sintesi, con questa riforma avremo un Consiglio Superiore della Magistratura riguardante solamente i giudici ed un secondo riguardante solamente i pubblici ministeri (oggi esiste un unico CSM comprendente l’intero ordine della magistratura). Secondo i sostenitori della riforma, giudici e PM sarebbero vicendevolmente condizionati in quanto facenti parte dello stesso organo costituzionale.
La prima differenza introdotta con la riforma riguarda la composizione dei CSM: i membri non saranno più “eletti” ma “estratti a sorte”. Questa evidente novità, che sembra piuttosto una particolare anomalia, pare andare nella direzione della cancellazione (di fatto) delle correnti della magistratura, così però creando due consigli con all’interno magistrati che ricopriranno quei ruoli per il solo fatto che il proprio nome è quello materialmente uscito dall’estrazione.
Altra significativa novità è la creazione dell’Alta Corte disciplinare (oggi i provvedimenti disciplinari sono assunti dal CSM), questa volta unica per tutti i magistrati, costituita, ancora una volta, da membri estratti a sorte. La domanda che, seguendo la logica, deve sorgere è la seguente: se è così necessario separare i giudici dai PM, perché un’unica Corte disciplinare? Ad essere maliziosi (ma neanche troppo) si può intravedere la ragione di fondo per la quale il Governo Meloni vuole arrivare al traguardo con questa riforma, ossia minare l’indipendenza della stessa magistratura. Due CSM (divide et impera) costituiti da magistrati estratti a sorte e quindi non scelti, ma con membri “laici” di provenienza politica, saranno consigli nei quali la componente “togata” sarà certamente la più debole.
Lasciando in disparte i tecnicismi, la vera domanda che un cittadino si pone è se questa riforma migliorerà la giustizia penale oppure no. A parere di chi scrive, non si riesce, anche col massimo sforzo, ad intravedere un elemento positivo che il disegno di legge porterebbe. Se è vero che la troppa vicinanza tra giudici e PM, porterebbe i primi a prendere più decisioni favorevoli per i secondi (anche se i numeri delle assoluzioni spesso smentiscono questa tesi), una modifica dell’assetto istituzionale cosa cambierebbe nei rapporti interni di un Palazzo di Giustizia? Nulla. Citando il Prof. Avv. Franco Coppi, non saranno più fratelli ma diventeranno cugini, continuando a “darsi del tu” davanti al caffè del tribunale.
Ed ancora, spesso si accusano i pubblici ministeri di non essere super partes e di non espletare anche indagini a favore dell’indagato, come previsto dalla legge; con la nuova riforma sembra piuttosto che un PM, sempre distante dal giudice e che quindi assomiglierebbe più ad un “capo della polizia”, farà più indagini in favore dell’indagato? Probabilmente ne farà ancora meno.
Si potrebbe andare avanti a lungo, ma la conclusione è che rischiamo di avere un sistema addirittura peggiore di quello attualmente vigente.