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UN CALCIO AI REFERENDUM

2025-06-10 23:35

Luigi Iorio

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UN CALCIO AI REFERENDUM

Mentre la tragedia della Nazionale Italiana di calcio si consumava tra due partite oscene, nella penisola a forma di stivale il popolo italiano si all

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Mentre la tragedia della Nazionale Italiana di calcio si consumava tra due partite oscene, nella penisola a forma di stivale il popolo italiano si allineava alla squadra autoflagellandosi i genitali, infatti i 5 referendum promossi dalla CGIL del 8/9 giugno non raggiungono il quorum, doveva andare a votare il 50%+1 degli aventi diritto, è andato appena il 30%.

 

Oggi leggo sui social di italiani e italiane esultanti per i referendum falliti, tutti della fascia d’età 55/75 anni, cioè quelli che ancora lavorano, o sono in pensione da almeno 10 anni. Questi taffaziani esultano perché il referendum sulla cittadinanza non è passato, ovviamente non l’hanno letto o non hanno voluto leggerlo, e volutamente l’hanno interpretato come una “cittadinanza regalata a tutti” strafegandosene degli altri 4 referendum, i quali ripristinavano dei diritti ai lavoratori, tra i quali c’erano i loro figli e nipoti, oltre a dare la responsabilità sulla sicurezza alla ditta che dà in appalto i lavori. Già in campagna elettorale notavo che questi taffazziani di questa fascia dì età erano indifferenti ad informarsi, ma pretendevano di saperne, mentre invece i più anziani e i giovani si erano attivati molto. Ancora una volta l’Italia matura sgambetta i più giovani, li priva di diritti, ma pretende che lavorino guadagnando sempre meno. Già visto sempre in materia di lavoro e salari con il referendum del 1985 cioè l’abrogazione della scala mobile soppressa definitivamente nel 1992.

 

Un giorno i taffaziani avranno bisogno di infermieri e badanti, rimarranno nella loro merda quando scopriranno che nessuno verrà a pulirgli il culo, perché i giovani sono pochi ed emigrano e gli stranieri inizieranno a non venire neanche in Italia, il loro sogno sarà realizzato.

 

Il Paese è uguale in tutti i suoi aspetti, quindi anche il calcio ne è lo specchio. Abbiamo distrutto lo sport più popolare in Italia un pò come abbiamo fatto con il lavoro e i giovani. I club non investono in giocatori italiani, i giovani non giocano, nel Barca o nel PSG giocano calciatori tra i 18 e 21 anni fantascienza per noi. Contemporaneamente quello che aveva fatto le fortune del nostro calcio lo abbiamo distrutto: la difesa e la produzione di difensori, la sistematica distruzione del numero 10 e dei giocatori tecnici che saltano l’uomo, ne avevamo tanti e ne producevamo tanti; la distruzione del centroavanti alto e grosso. Tutto finito per sostituirlo con fuffa tattica, con portieri acrobati, con costruzioni dal basso vomitevoli, con il “giocatore universale” e poi ascoltiamo da esperti che “tale difensore sa impostare, ma fermare l’avversario non è il suo forte”.

 

Il tutto è il risultato di una classe dirigente vecchia, incompetente, corrotta, dedita al nepotismo (ormai siamo pieni di “figli di” anche con le scarpette, i quali vanno avanti spesso grazie al cognome) alla raccomandazione, incapace di innovare proprio perché legati con la peggio feccia italiana. La politica in Italia è stata volutamente distrutta per permettere al capitalismo, al libero mercato etc. di dettare le regole, e oggi gli italiani disabituati al ragionamento politico non capendo che tutto è politica, tutto è visione, anche nello sport ci deve essere politica, avere una visione politica non vuol dire partiti, vuol dire progettare pensare al futuro, al Paese Italia manca e manca anche al calcio.

 

Cambiamo premier come cambiamo i CT e non riusciamo ad ottenere nulla, l’arretramento generale continua, il sistema continua a marcire, ma dirigenti venuti su dal nulla o da quel putridume cercano di coprire l’olezzo con profumo francese. Per i giovani e per le famiglie dal reddito medio basso abbiamo reso la vita più difficile col caro vita, e anche nel calcio l’abbiamo fatto. Una volta eravamo un Paese sud americano in Europa, avevamo ragazzini che giocavano a pallone in strada 6/8 ore al giorno tutti i giorni, e questa è stata la nostra fortuna, abbiamo costruito inconsapevolmente campioni.

 

Oggi gli anziani padroni delle città protestano se un bambino gioca a pallone in piazza, chiamano i vigili, e i ragazzini li abbiamo messi nelle scuole calcio con una retta che molte famiglie non possono permettersi, ottenendo due insuccessi: abbiamo reso il calcio per ricchi e i ragazzi giocano meno di prima. Ci sarebbe bisogno di politica, ma gli italiani la rigettano.

redazione@camminaredomandando.it

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